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Taxa più rappresentati: Graminaceae Trifolium Euphorbia Silene

Sp. Leontopodium alpinum

Gen. Leontopodium

Gp. I

Fam. Compositeae

Div. gamopetale
Cla. Dicotiledoni
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Pianta bianco-lanosa (!). F. legnoso in basso, eretto. Fg. basali oblanceolato-lineari (4-6 X 25-40 mm), subspatolate (largh. max. a ⅕ dall'apice), acute, le cauline ± lineari (2-3 X 25-40 mm). Glomerulo unico terminale (diam. 3-4 cm), circondato da 9-15 fg. bratteali lanceolate raggianti; capolini numerosi, il centrale generami, più sviluppato; involucro ovoide (4X5 mm); squame lanose, all'apice acute e ± annerite; fi. 3 mm, gli esterni ♀ , gli interni ermafroditi, ma ♂ per aborto; acheni 1.3 mm con pappo paglierino di 4-6 mm.

Orof. Eurasiat.
Alpi, dal Goriz. alle A. Mariti.: R; in molte zone, per l'eccessiva raccolta, in via d'estinzione.
Bibl.: Maugini E., Gìorn. Bot. hai. 69: 1-18 (1962); Fuka-rek P., Jb. Ver. Schutz Alpenpflanzen u.-Tiere 28: 99-106 (1963).

Osserv. - La Stella alpina, divenuta ormai simbolo della natura alpina, è in realtà una pianta proveniente da zone calde ed aride, come è dimostrato dal suo xeromorfismo. La densa pelosità  non serve certo a proteggerla dal freddo (le piante hanno temperatura eguale a quella dell'ambiente in cui vivono!), ma piuttosto dall'eccessiva traspirazione: lo stesso adattamento si ritrova in piante di zone aridissime come Medicago marina L., Otanthus maritimus (L.)Hoffmgg. et Link, Inula verbascifolia (Willd.) Hausskn. Il gen. Leontopodium R. Br. comprende una trentina di sp. degli altopiani desertici dell'Asia Centr.; da qui esse irradiano fino al Giappone, all'Himalaya (fino a 6000 m di altezza!) ed alle pianure steppiche sudsiberiane. In Eur. Sp. Leontopodium alpinum è giunta in epoca relativam. recente, probabilm. durante le glaciazioni, insediandosi dapprima sulle pendici erbose dei versanti merid., che ancora oggi rappresentano l'ambiente ottimale della sp.: essa è
frequente sulle Prealpi Venete fra 1300 e 1600 m, spesso in individui vistosi; nella V. Sarca (citaz. in Hegi, Ill. Fl. Mitteleur. 6,1: 460) fu raccolta nel 1891 una Stella alpina gigantesca, con 12 cm di diam. e 29 fg. bratteali raggianti.
La Stella alpina è pianta caratteristica dei pascoli di camosci (seslerieto-sempervireti); molti pensano che sia pianta rupestre, ma a torto, perché le Stelle alpine su roccia sono rare (spesso però di particolare bellezza, potendo svilupparsi senza concorrenza) e per lo più limitate a rocce friabili o sgret-lantisi. L'illusione di trovare Stelle alpine sulle rocce mette spesso i giovani inesperti della montagna in situazioni pericolose ed ha causato decine d'incidenti mortali negli ultimi anni.
Il nome italiano è di origine popolare e si ritrova nei dialetti camici («Stelutis alpinis...») e reto-romanici; il corrispondente germanico Edelweiss è pure di origine popolare (Zillertal in Tirolo). Già nel secolo scorso la Stella alpina divenne simbolo per il turismo alpino e, per sua sventura, oggetto di morbosa raccolta: in molte zone di turismo intenso essa è ormai rara. Per assicurarne la conservazione, la raccolta venne limitata o proibita; la prima iniziativa in questo senso fu presa ad Obwalden (Svizzera) già nel 1878; dall'inizio del nostro sec. in Svizzera, Austria e Germania il divieto di raccolta è generale. In Italia si è intervenuti solo negli ultimi vent'anni con campagne di propaganda protezionistica e divieti, però ancora oggi si vedono lungo le strade turistiche i giovani montanari che vendono mazzi di Stelle alpine: prova questa, che la conservazione della natura non si può attuare senza una parallela azione di promozione sociale. La Stella alpina è simbolo del Club Alpino Austriaco (OAV) e di quello germanico (DAV); da essa prendono il nome innumerevoli prodotti commerciali, alberghi, manifestazioni; essa è stata pure ornamento all'uniforme delle truppe di montagna germaniche durante le due guerre mondiali, realizzando un accoppiamento (fiore-arma) del tutto innaturale. Più realisticam. i nostri Alpini hanno scelto come simbolo la penna d'Aquila, animale rapace, mantenendo la Stella alpina alla sua naturale funzione, come dice la canzone:

Su pei monti che noi saremo
coglieremo le Stelle alpine
per donarle alle bambine,
farle piangere e sospirar...

La singolare fortuna turistica della Stella alpina è senz'altro dovuta all'eccezionale valore semantico del nome tedesco, che accoppia la nobiltà (Edel) al bianco (weiss), colore che simboleggia la purezza, ma anche rammenta la neve delle vette; pianta povera d'acqua, si secca senza difficoltà fra le pagine di un libro e può mantenersi per decenni; la fama di pianta rupestre, difficile da conquistare, conferisce un'aureola di virile coraggio a chi la raccoglie. Però si tratta di una fama largamente usurpata da una pianta che, tutto considerato, non ha titoli maggiori di qualsiasi altra, e d'altra parte è ormai minacciata d'estinzione. Come naturalista non si può che invitare il turista a comprendere e godere i veri pregi della montagna e lasciar vivere in pace le Stelle alpine.
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