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Taxa più rappresentati: Graminaceae Trifolium Euphorbia Silene

Sp. Vitis labrusca

Gen. Vitis

Fam. Vitaceae

Div. coripetale superovarie a fg. alternate

Cla. Dicotiledoni
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Simile a Sp. Vitis vinifera, ma fg. tutte opposte ad un cirro od inflor.; lamina divisa in 3(5) lobi appena accennati; tomento ragnateloso continuo sulla pagina inf.; acini scuri, con sapore di fragola.

Nordamer.
Valli alpine, Pen., Sic, Sard. e Cors.

Nota - Altre Viti americane introdotte per combattere la Fillossera sono: V. aestivalis Michx., V. rotundifolia Michx., V. nipestris Schelle e I L. ( = V. riparia Michx.). Si tratta di piante lianose con tendenza ad espandersi nelle stazioni ruderali e sinantropiche, il cui riconoscimento procura non poche difficoltà anche ai fioristi americani; da noi saltuariamente spontaneizzate (ad es. in Piem., Abbà in litt.), ma di difficile identificazione.

Osserv. - L'area di coltura della Vite ha notevole significato fitogeografico, in quanto essa può venire assunta come indice della zona climatica submediterranea: si tratta della zona con temperatura media annua non inferiore: a 10° e medie del mese più freddo non inferiori allo zero. Entro quest'area si osservano in generale le colonie di specie termofile, di piante steppiche ed anche di piante mediterranee (comunemente al Sud, solo nelle stazioni più favorite al Nord). Il limite settentrionale della Vite in Italia raggiunge il piede delle Alpi ed anche le vallate alpine più aride (Val d'Adige, Valtellina) producono vini eccellenti. Invece la Pianura Padana, troppo umida e nebbiosa, non permette in generale la coltura della Vite.
Il limite settentrionale della coltura della vite coincide abbastanza esattamente con l'area di massima espansione dell'Impero Romano in Europa nel II sec. d.C: si tratta di un limite ecologico che include le zone aventi in estate almeno un mese con temperature superiori ai 20 °C.

Usi - Per il fr., che viene consumato direttam. (uva) oppure fermentato (vino), la vite è pianta agraria di importanza fondamentale nell'area mediterranea. L'origine della sp. è ancora controversa. Allo stato spontaneo essa si presenta in tutta l'Europa Merid., fino alla Turchia, Caucaso ed Hindukush, però è dubbio se in molte zone non si tratti di pianta un tempo coltivata ed in seguito reinselvatichita. Nelle valli del Reno e del Danubio Sp. Vitis vinifera (b) appare spontanea nei boschi riparii a ontani, querce e carpini; è però assai dubbio se si possa pensare in questi casi a popolazioni naturali, trattandosi di zone all'estremo settentrionale dell'area distributiva. Le popolazioni che vivono in querceti caducifogli o sempreverdi subacidi (Quercetum petreae, Quercetum ilicis), come accade frequentem. nell'It. peninsulare ed in Balcania, parrebbero piuttosto da considerare selvatiche; in questi casi però la vicinanza delle colture non permette di escludere reintroduzioni recenti. Fossile, la vite è nota già per la fine del Terziario, in forme poco differenti dalle attuali, in tutto l'emisfero boreale; i popoli dell'Europa Merid. e Centr. raccoglievano l'uva selvatica già in epoca neolitica ed è verosimile che quasi immediatam. essi abbiano appreso una rudimentale tecnica di vinificazione. L'uva coltivata (subsp. vinifera) compare probabilm. circa 5000-6000 anni orsono nel Medit. Orient. (Egitto), però verosimilm. si tratta di ceppi importanti dall'Asia Anteriore. La subsp. (a) non esiste originariam. in Natura, ma venne creata ad opera dell'uomo per ibridazione e selezione da ceppi della subsp. (b); forse l'origine della coltura si è avuta contemporaneam. in più luoghi. Comunque essa diviene frequente presso i popoli dell'Asia Anteriore e del bacino Egeo verso il 1500 a.C. I popoli indoeuropei, che si affacciano alle rive del Medit. solo più tardi, apprendono quindi la coltura della vite dai precedenti abitatori dell'area: semiti, egizi, pelasgi; il nome del vino risale ad una radice pre-indoeuropea (semita: jain, wain) e venne accolto per assonanza; il greco «[v]oinos» è maschile, il latino «vinum» invece neutro, e questo sembra suffragare l'ipotesi (Momm-sen), che la parola sia estranea al primitivo patrimonio delle lingue indoeuropee. La coltura della vite si estende rapidam. nel bacino del Mediterraneo e durante l'Impero Romano era particolarm. importante in Grecia e nellTt. (che in certi periodi produsse in regime di monopolio); i ceppi coltivati erano probabilm. poco dissimili da' quelli rimasti in coltura fino al secolo scorso, però il vino era meno facilm. conservabile (non essendo in uso le bottiglie con tappi di sughero), veniva aromatizzato con resine o erbe odorose ed era bevuto per lo più allungato con acqua (di cui il nostro «mescere»). Nel Medio Evo la coltura si estese notevolm. in Europa e (forse in concomitanza ad un ciclo climatico favorevole) in Germania fino al 55° parallelo (Tilsit): oggi essa supera ra-ram. il 52° parallelo. Nel secolo scorso tre gravi malattie importate dall'America minacciarono di distruggere completane la coltura della vite: un Afide (Pemphigus viti-folia Fitch = Fillossera) e due funghi parassiti (Plasmopara viticola Beri, et De Toni = Peronospora; Uncinuta necator Burr. = Crittogama); per combattere la prima di queste furono importate Viti americane resistenti (cfr. 2190); sulle quali oggi la Vite nostrana viene innestata.
Oggi la coltura della Vite e la produzione del vino sono concentrate nell'Europa Merid.: nell'Italia (nel 1965: 10 milioni di tonn. d'uva, e 70 milioni di hi di vino) essa interessa circa 4 milioni di ha e raggiunge circa ⅓ della produzione mondiale; quasi altrettanto si produce in Francia; forte produzione si ha ancora in Spagna, Algeria, Portogallo, California ed Argentina; in Grecia invece una parte importante del raccolto viene seccata (uva passa). L'antichità della coltura ha permesso in quasi ogni zona d'Italia la specializzazione di vini prelibati, dal Sassella della Valtellina al Moscato di Pantelleria, con la sola eccezione della pianura irrigua lombardo-piemontese, ecologicam. inadatta. La coltura della vite si effettua principalmente in collina, tanto sui terreni silicei che su quelli ricchi in calcare; essa corrisponde ad una fascia di vegetazione più fresca di quello dell'olivo, generalm. classificabile come submediterranea, penetra però frequentem. anche nella fascia medit. (sempreverde) propriam. detta.
Il vino è la bevanda prodotta dall'uva con la fermentazione attuata da Saccharomyces ellipsoideus Hans.; esso contiene dal 10 al 16% di alcool etilico; i vini più forti sfiorano il 20% ; valori superiori si raggiungono solo per distillazione. Il colore del vino non dipende da quello dell'uva: vini rossi si hanno quando il sugo fermentato può sciogliere i pigmenti contenuti nella buccia degli acini di colore rosso o blu-violetto; vini bianchi si ottengono invece da qualsiasi uva, separando immediatam. il sugo dai resti della pigiatura. Alcuni vini sono profumati con erbe aromatiche: fra questi il più celebre è il Vermut torinese, nel quale prevale l'aroma di Artemisia. Vini bianchi «passiti» sono preparati con la «fermentazione nobile» dell'uva, causata da un fungo (Botrytis cinerea Pers.).
Il vino è componente essenziale della dieta alimentare degli italiani: povero di sostanze nutrienti esso è ricco di vitamine, enzimi ed elementi micronutritivi; ha grande valore dietetico per le sue qualità di digestivo, regolatore delle funzioni gastriche e renali. Pochi decenni orsono si consumavano in It. mediamente 95 l. di vino a testa per anno (birra 0.91, liquori 0.81), in Germania invece appena 5-8 1 di vino contro 110 litri di birra. Per la blanda azione stimolante della fantasia, il vino è stato spesso associato ai riti religiosi, così presso gli Egizi, i Greci ed i Romani; esso ha mantenuto una parte importante anche nel rituale cristiano, ed i conventi sono stati nel Medio Evo spesso importanti centri di coltivazione e specializzazione di uve pregiate. Nella vita culturale ed artistica la vite, l'uva, il vino sono frequentem. fonte di ispirazione.
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