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Taxa più rappresentati: Graminaceae Trifolium Euphorbia Silene

Sp. Vicia faba

Gen. Vicia

Gp. Leguminosae IV

Fam. Leguminosae

Div. coripetale superovarie a fg. alternate
Cla. Dicotiledoni
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Simile a Sp. Vicia narbonensis, ma più robusta; f. diam. 4-5 mm; fg. con generalm. 3-4 segm. di 2-4 X 3-6 cm; stipole ovate ( 1-1.5 cm), dentellate; cirri mancanti; calice di 10-13 mm; corolla di 18-24 mm; legume 1-2(-4) X 4-8(-10) cm; semi ± compressi (2-3 cm).

Origine dubbia.
Coltiv. in tutto il terr. (soprattutto nell'It. Centr.) e subspont.

Storia - L'origine della fava è controversa. Semi di fava sono noti da seplolcreti preistorici (tardo neolitico, età del bronzo) a Troia, in Egitto, in Italia e Spagna. Il nome, di eguale derivazione in quasi tutte le lingue fa ritenere verosimile un'origine monofiletica (it. fava, frane, fève, castigl. hava, ted. Bohne, slov. bob) e si ritiene di origine ligure-etnisca, oppure affine al gr. phàgein ( = mangiare) ovv. al semitico antico bahar. Secondo la tradizione Sp. Vicia faba sarebbe derivata da Sp. Vicia narbonensis per colture avviate nel Nordafrica o nella regione Caspia; questo però appare poco verosimile, perché i più antichi reperti hanno semi di dimensioni inferiori a quelle oggi normali in razze selvatiche di Sp. Vicia narbonensis. Forse la forma originaria è effettivamente V. faba L. var. pliniana Kòrnicke. che pare sia spontanea in Algeria, come supposto dal Trabut.
Per millenni la fava fu cibo fondamentale per le classi più povere, soprattutto in Italia; come tale rimane in innumerevoli aspetti del folclore, del costume, della letteratura, anche nel comune nome romano «Fabius». Oggi la coltura è in declino e si mantiene soprattutto nell'It. Centr.
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