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Taxa più rappresentati: Graminaceae Trifolium Euphorbia Silene

Sp. Zea mays

Fam. Graminaceae

Cla. Monocotiledoni

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Culmi eretti, grossi (diam. 2-4 cm). Fg. lanceolate (larghe 3-10 cm), pubescenti nella pagina sup. Fi. riuniti in inflor. di sesso distinto, portate dalla stessa pianta; sp.tte ♂ 7-8 mm, biflore, in numerose pannocchie spiciformi lunghe fino a 2 dm, disposte a ventaglio e ± pendute all'apice della pianta; sp.tte ♀ in numerose inflor. laterali, avvolte dalle fg. (impropriam. dette «pannocchie»: asse carnoso cilindrico lungo 15-20 cm con sp.tte disposte lungo linee longitud.); stimmi formanti un lungo pennacchio apicale; cariosside subsferica o ± appiattita 5-25 mm, gialla, più raram. bianca o scura.

Neotrop.
In tutto il terr.

Nota - Ampiam. coltiv. in Messico già in epoca precolombiana, il Granoturco fu introdotto in Europa nella prima metà del sec. XVI e già nel '700 era divenuto frequente pure da noi. Il nome è fondato sulla credenza erronea, che l'origine esotica di questa pianta fosse da ricercarsi in Turchia anziché in America, forse per confus. con il Fagopyrum. Nonostante l'introduzione relativam. recente il Granoturco ha acquistato ben presto grande importanza da noi per l'alimentazione umana (oggi anche come mangime per gli animali); esso fornisce pietanze rustiche gustose, adatte ad un popolo abituato a lavorare sodo, ma perseguitato da una fame atavica: polenta e salsicce, polenta condita, polenta e pesce. Alla fine del secolo scorso nel Veneto ed in certe parti della Lombardia l'uso eccessivo della farina di Mais aveva causato l'estendersi di una grave piaga sociale, la pellagra, oggi fortunatamente scomparsa; tuttavia l'uso del Granoturco è sempre rimasto limitato all'Italia del Nord, il che ha meritato agli abitanti di quest'area il nomignolo di «polentoni».
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