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Taxa più rappresentati: Graminaceae Trifolium Euphorbia Silene

Sp. Nelumbo nucifera

Fam. Nymphaeaceae

Div. spirocicliche

Cla. Dicotiledoni

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Rz. strisciante nel fango dal quale si alzano i picciuoli eretti, emergenti dall'acqua; fg. peltate con picciuolo (1 m e più) inserito nel mezzo della lamina subrotonda (diam. 3-6 dm), che è dispiegata qualche dm sopra il livello dell'acqua. Fi. su peduncoli di 1-2 m, bianco-rosei (diam. 18-35 cm).

Paleotrop.

Inselvat. pr. Mantova nel Lago Sup., al L. di Comabbio (Varese) ed in Tosc, a S. Rossore e Massarosa: R; nella Pad. coltiv. per ornam.

Nota - Presso Mantova il Fior di Loto forma colonie estesissime, che alla fine dell'estate presentano una splendida fioritura. La curiosa storia dell'introduzione di questa pianta viene raccontata in un articolo di M. G. Fringuellini (Corriere della Sera, 10.IX.1976): il Fior di Loto veniva coltivato già dall'inizio del secolo scorso presso l'Orto Botanico di Parma, ed una giovane laureata in Scienze Naturali di questo Istituto (Maria Pellegreffi, ottantasettenne alla data dell'articolo) effettuò nel 1921 un trapianto nei laghi di Mantova. In realtà la prima proposta di questo esperimento risale al 1914, per suggerimento di alcuni missionari rientrati dalla Cina. In questo Paese il Fior di Loto viene usato a scopo alimentare e medicinale: se ne interessarono farmacologi, igienisti e botanici dell'Ateneo parmense, si tentò l'introduzione nelle marcite del novarese ed infine il trapianto perfettamente riuscito nel Mantovano. Pochi anni dopo la dr. Pellegreffi si trasferi in un'altra città e l'esperimento fu dimenticato, il Fior di Loto, completamente naturalizzato, cominciò ad espandersi fino ad occupare superfici di parecchi ettari, però non venne mai raccolto, se non come pianta ornamentale.
Il Fior di Loto è diffuso nei Paesi tropicali dell'Asia ed Africa; serve, come sopra accennato, a scopi alimentari e medicinali, però soprattutto è importante nella cultura dei popoli orientali: molto onorato dagli Egizi, se ne ritrovano innumerevoli raffigurazioni nei monumenti tombali della Valle del Nilo. Presso gli Indiani e successivamente i Cinesi a questa pianta veniva attribuito significato religioso (frequente la raffigurazione del Buddha al centro del fiore, galleggiante sull'acqua). In realtà anche per la moderna mentalità scientifica il Fior di Loto rappresenta un oggetto di eccezionale interesse: privo di ciclizzazione e senza differenziazione tra sepali e petali, esso costituisce un ideale collegamento tra il getto fertile delle Pteridofite ed il fiore delle Angiosperme. Per la Urpflanze di Goethe non saprei immaginare un fiore se non del tipo del Fior di Loto: l'eccezionalità di questa pianta viene dunque provata dalla scienza moderna, ma non era sfuggita all'intuizione degli antichi.
Affine è Victoria amazonica (Poepp.) Sowerby (= V. regia Lindi.) dei fiumi Brasiliani. Coltivata per molti decenni presso l'Orto Botanico di Pavia, di cui divenne il simbolo, all'inizio del nostro secolo il Briosi ne tentò l'acclimatazione lungo il Ticino, però senza successo, benché la pianta (caratterizzata da grandi foglie galleggianti a forma di zattera) fosse riuscita a mantenersi qualche anno. Durante la seconda guerra mondiale le serre dell'Orto Botanico di Pavia furono smontate e la bellissima pianta venne perduta.
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